Basta agli incentivi per l’energia sporca nelle piccole isole

22 Febbraio 2014 Notizie Eolie

 

Mentre le isole-Stato cercano di uscire dalla schiavitù tossica dei combustibili fossili, l’Italia da una parte chiede giustamente finanziamenti europei per le energie rinnovabili nelle isole minori, dall’altra continua a finanziare, con decine di milioni di euro all’anno della componente UC4 della bolletta elettrica, la produzione di energia con carburanti climalteranti ed inquinanti.

Secondo i dati della Cassa Conguagli per il Settore Elettrico, che si occupa di saldare le fatture delle aziende elettriche, nel 2011 gli incentivi arrivavano a 62 milioni di euro per coprire 200 GWh di consumi.

La Cassa Conguagli si occupa però solo di parte delle isole, quelle dove operano piccole imprese private.

Le più piccole delle Eolie, Ventotene e Capraia, sono invece servite dall’Enel che riceve la compensazione attraverso gli oneri di dispacciamento.

Comunque, secondo quei dati, ogni kWh consumato nelle piccole isole riceve in media 0,31 euro di conguaglio, che vanno dai circa 0,20-0,30 euro/kWh di isole più grandi, come Pantelleria, Capri o Lipari, alla stratosferici 1,27 euro/kWh di Levanzo.

Insomma, più l’isola è piccola e meno è abitata e più lo spreco è grande.

Uno scandalo che finalmente ha messo nero su bianco in Parlamento Davide Crippa, del Movimento 5 Stelle, con un emendamento al “Destinazione Italia”: «Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita l’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico sono individuate le disposizioni per un processo di progressiva copertura del fabbisogno delle isole minori non interconnesse attraverso energia da fonti rinnovabili, gli obiettivi temporali e le modalità di sostegno degli investimenti, anche attraverso la componente tariffaria UC4».

Crippa ha spiegato in Commissione parlamentare che «Obiettivo della proposta è di orientare i 64 milioni di euro della componente UC4 a un sistema premiale per le isole minori che si impegnino in politiche di efficientamento energetico e di produzione da fonti rinnovabili», esattamente il contrario di quel che si vuol fare a Giannutri e di quello che si continua a fare (per pigrizia o scarsa conoscenza) in una dozzina di piccole isole italiane non connesse alla rete nazionale, con circa 47.000 residenti e molti più ospiti estivi.

Potrebbe essere l’inizio della fine di quello che Legambiente, AzzeroCO2 e Kyoto Club hanno più volte denunciato sulle pagine di QualEnergia.it: un sistema ideato per aiutare gli abitanti delle piccole isole a sostenere il costo elevato dell’elettricità che si è gradualmente trasformato in un incentivo agli sprechi e all’irrazionalità.

QualEnergia tratteggia in poche parole la situazione: «In passato l’unico modo per dare elettricità a questi cittadini era quello di dotare ogni isola di gruppi elettrogeni più o meno grandi, in genere azionati con motori navali alimentati a gasolio, che disperdono nell’ambiente circa i tre quarti dell’energia come “calore refluo” e producono rumore e fumi nocivi.

Visto che l’elettricità prodotta in questo modo è costosissima, nel dopoguerra, per evitare che le piccole isole restassero in uno stato di sottosviluppo, fu deciso di creare un meccanismo di agevolazione: la tariffa elettrica di questi luoghi viene equiparata a quella sul continente, pagando alle società elettriche isolane un conguaglio, finanziato dalla componente UC4 della bolletta pagata da tutti, pari alla differenza fra quanto costa effettivamente il kWh e quanto lo pagano gli abitanti».

Ma quel che all’inizio era un giusto risarcimento alle condizioni svantaggiate delle isole minori, con il passare del tempo ed il rapido progresso ed l’ancor più rapido calo dei costi delle energie rinnovabili si è trasformato in un handicap perché, se il sovra-costo dell’elettricità delle isole continua ad essere ripianato senza condizioni né le amministrazioni pubbliche, né tantomeno le imprese che forniscono energia, hanno interesse a migliorare il sistema produttivo e così, come sta succedendo a Giannutri, si continua ad utilizzare la fonte peggiore di tutte per costo, emissioni ed efficienza, asserendo che è impossibile fare in Italia quel che stanno facendo nei Caraibi, nel Pacifico o alle Canarie.

Così in isole protette e turistiche, che dovrebbero e potrebbero essere un laboratorio avanzato della green economy, si continua ad incentivare chilowattora da fonti sporche e inefficienti più del fotovoltaico ai tempi d’oro: «Nel 2013 – spiega QualEnergia – ogni kWh consumato nelle piccole isole riceveva in media 0,31 euro di conguaglio, però con enormi differenze da isola a isola: dai circa 0,20-0,30 euro/kWh delle isole più grandi, come Pantelleria, Capri o Lipari, agli incredibili 1,27 euro/kWh di Levanzo. Cifre significative anche perché i consumi elettrici di queste isole sono molto alti, ospitando masse di turisti in estate e dovendo contare sull’elettricità spesso anche per dissalare l’acqua e per sopperire alle difficoltà nel reperire il gas: ognuno dei 43.000 residenti delle isole non servite da Enel consuma circa 4.700 kWh annui, contro i 1.100 kWh del medio utente domestico italiano».

Si arriva così ad un risultato che gli abitanti delle piccole isole e probabilmente anche molti amministratori, ignorano: 1.440 euro all’anno di “conguaglio” energetico per abitante, soldi che, come fa giustamente notare l’emendamento del M5S e ripete da anni Legambiente, si sarebbero potuti e si possono usare per dare a quegli abitanti energia rinnovabile, efficiente, sostenibile e meno costosa per l’intera comunità nazionale.

Lo dimostrammo. Cifre alla mano, in un convegno all’Isola d’Elba ormai troppi anni fa, quando ancora era da pionieri parlare di energie rinnovabili. Già allora Alex Sorokin, di Interenergy, diceva: «Il sistema ideato per aiutare gli abitanti delle aree disagiate contribuendo a sostenere il costo elevata dell’elettricità sulle isole ha finito per diventare un incentivo agli sprechi e all’irrazionalità».

Dopo, diversi studi commissionati da Enel tra la fine degli anni ’90 e i primi del 2000, hanno mostrato che, usando sistemi integrati che uniscono solare, eolico e geotermico all’accumulo e alla gestione intelligente della domanda di energia in varie forme, compresa la produzione di acqua potabile e la ricarica di auto e bus elettrici, può essere realizzata una transizione dal diesel alle rinnovabili, spendendo probabilmente meno di quanto lo Stato spende oggi per mantenere in vita un sistema inefficiente e che spreca risorse, un sistema che stanno abbandonando interi Paesi insulari.

Questa transizione locale alle energie pulite ed al risparmio energetico avrebbe ricadute importanti per la qualità della vita di residenti e turisti e l’immagine turistica delle isole ed avrebbe un impatto positivo anche sul lavoro, con la qualificazione tecnologica per i tecnici e l’occupazione per i lavoratori isolani.

Se questo era fattibile 10 anni fa, quando le rinnovabili erano costosi prodotti di nicchia, oggi è molto più conveniente convertire le piccole isole all’energia pulita, visto che il costo da kWh da fonti come il fotovoltaico è già nettamente più basso di quello dell’energia dalla rete. Ma quest’opera di rinnovamento avrà inizio solo se il governo e gli amministratori locali la smetteranno di riproporre, per pigrizia o ignoranza, le vecchie ricette di chi sfrutta incentivi ingiusti ed ormai ingiustificabili, se partendo dall’emendamento Crippa si darà davvero inizio ad un’opera di rinnovamento che faccia diventate normalità gli esempi virtuosi che già ci sono in diverse isole minori italiane.

greenreport.it

di Umberto Mazzantini, responsabile Isole Minori di Legambiente