Il villaggio dell’eta’del Bronzo medio di Portella

16 Febbraio 2012 Isole Eolie Cenni Storici

Il villaggio preistorico di Portella fu scoperto nel 1954 a causa dei lavori per la costruzione della strada provinciale Santa Marina- Malfa. Il villaggio risale all’eta’ del Bronzo Medio ( XV-XIII sec. A.C.) quando nelle isole Eolie è diffusa la cultura del Milazzese, di origine siciliana perchè strettamente imparentata con la cultura di Thapsos.

Quasi tutte le isole sono abitate da queste genti di origine siciliana, che costruiscono i loro villaggi in posizione di particolare difesa.

La Portella è una cresta lunga m 240, formata da due valloni laterali dovuti alla forte erosione che ha reso le pareti della cresta ripide ed inaccessibili.

Il ripido pendio della cresta va da una quota max di circa m 300 s.l.m. a circa m 20 s.l.m. L’eccezionalità di questa scoperta è nell’ottimo stato di conservazione delle strutture preistoriche. Sono state portate alla luce 25 “capanne” ovvero ambienti a pianta ovale o circolare di circa 3-4 metri di diametro, scavati interamente nella roccia vulcanica ( lapillo) e foderati a perimetro del taglio da un muro a secco costituito con grandi pietre di su mare e vulcaniche.

In alcuni casi non vi era il muro di rivestimento oppure il muro ricopriva solo una parte del perimetro. I materiali impiegati per la costruzione dei muri di rivestimento venivano raccolti sulla costa ( pietre di mare), sulla cresta ( rocce vulcaniche) e a Malfa ( lastre piatte).

Le capanne si distribuiscono su stretti terrazzi, oppure si dispongono su due altezze. L’ambiente naturale doveva essere alquanto disagevole a causa della forte pendenza della cresta vulcanica e della ristrettezza dell’area scelta per costruire il villaggio.

Queste “ capanne” dovevano risultare visibili solo nelle loro parti superiori ( tetto) perche’ il resto dell’elevato era interrato; il lato con l’ingresso era quasi sempre rivolto a nord.

Gli arredi sono ripostigli costituti con lastre in pietra poste in verticale a deliniare uno spazio, le mensole di cui rimangono le pietre sporgenti dal muro, i focolari fatti con lastre e grandi frammenti di vasi, ed inoltre ogni ambiente aveva una o più di queste lastre litiche utilizzate come piani di lavoro. I vari oggetti sono rappresentati dal vasellame in impasto modellato a mano e dagli strumenti in pietra, impiegati nelle attivita’ di lavoro come pure le fuseruole del fuso per filare la lana.

L’organizzazione dello spazio interno delle capanne era condizionato dalla presenza di un grande contenitore (pithos)  insieme agli altri vasi e oggetti vari, restringeva l’ambiente lasciando poco spazio per i suoi abitanti, anche presupponendo che una parte del vasellame poteva essere appeso.

Mettendo in relazione la topografia del viallaggio con la distruzione degli oggetti rivenuti all’interno delle capanne, si è potuto riconoscere che ognuno di loro era adibita a diversi usi, come ad esempio un magazzino, o uno spazio comune come il focolare oppure ricovero notturno di persone e che quindi i gruppi famigliari usurfruivano di più “capanne”.

Particolare e sicuramente legata alla condizione di isola priva di fonti idriche, è la presenza dei pithoi, impiegati con molte probabilità per la conservazione dell’acqua. La loro capienza è stata calcolata di 500 litri e considerando che ne sono stati rinvenuti circa n.25 di cui molti interi, si puo’ ipotizzare che nel villaggio di Portella vi era una cospicua riserva idrica.

Gli scavi archeologici hanno evidenziato come sul versante Sud erano state scavate dagli abitanti del villaggio, vasche, canali e canalette connesse fra di loro in un sistema che molto probabilmente veniva utilizzato per il drenaggio e la raccolta dell’acqua piovana che scorrendo nelle varie vasche si ripuliva del pietrisco che portava con se. Questo villaggio, come tutti quelli coevi nelle isole Eolie non sono stati piu’ abitati in periodi storici successivi.

Unica eccezione, l’Acropoli di Lipari dove si stanziarono genti di origine peninsulare: gli ausoni. E’ proprio all’arrivo degli Ausoni che si collega la fine dei villaggi dell’età del Milazzese. Il loro veloce abbandono fu accompagnato da incendi, testimonianze di una “distruzione”, di cui sono rimaste le tracce in alcune delle capanne, leggibili in uno spesso strato di terreno bruciato ricco di carboni che ricopre il pavimento interno ed ingloba tutte le suppellettili abbandonate.